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La dottoressa Martina Stagi è iscritta all'Ordine degli Psicologi della Lombardia

«Da solo sei stato capace di sopravvivere, sei hai voglia di riprendere a vivere, posso accompagnarti nella sfida del cambiamento.»

Da oltre 10 anni mi occupo di accompagnare le persone nella sfida del cambiamento.

Ogni mondo interiore ha la sua lingua

Ho esplorato teorie diverse sull’uomo e sulla sofferenza, consapevole che ciascuna mi rimandava una costruzione parziale del mistero che siamo. Ho imparato a non aggrapparmi ad esse come il naufrago al salvagente, ma ad usarle come trampolini per vedere orizzonti più lontani.
Le persone che si rivolgono a me spesso si mostrano incastrate in questi stessi mondi e cercano modi per tornare libere. Altre volte non hanno parole per spiegarsi quello che provano o quello che è accaduto loro ed il corpo diventa un terreno di battaglia, che spaventa e disorienta.
Attraverso la pratica dello yoga prima e della mindfulness poi, negli ultimi 15 anni, ho fatto esperienza delle potenzialità del nostro cervello quando osserva se stesso. Quando, nel silenzio della consapevolezza, accoglie i messaggi del corpo e della mente, senza esserne prigioniero. Ho deciso così di portare questa esperienza nella mia professione di psicologa e ho cercato di farla dialogare con la mia formazione accademica attraverso un master post-laurea e una specializzazione in psicoterapia orientati alla mindfulness.
Ciò significa che, da una parte utilizzo tecniche terapeutiche provenienti da diverse orientamenti, dall’altra che faccio dell’integrazione tra i diversi linguaggi del nostro cervello uno strumento della cura. Noi, infatti, viviamo l’esperienza attraverso il linguaggio dei corpo, delle emozioni e dei pensieri, ma non sempre questi livelli sono integrati tra loro.

Quando viviamo esperienze traumatiche durante la nostra crescita, come l’essere ripetutamente trascurati emotivamente o l’essere maltrattati da chi dovrebbe prendersi cura di noi, il cervello è ostacolato nel difficile compito di tenere insieme questi livelli e ciò che non ricordiamo o non riconosciamo, perché troppo doloroso, può esprimersi nel nostro corpo sotto forma di sintomi fisici o emozioni fuori controllo.

In studio mi occupo di riconoscere i modi “nascosti” attraverso cui la lingua della sofferenza si manifesta nel corpo e nella mente, per poter intervenire con strumenti adeguati.
Ti invito a leggere questa poesia di Chandra Livia Candiani, in essa, ritrovo lo spirito del mio lavoro come psicoterapeuta.

Non voglio imparare a non avere paura, voglio imparare a tremare.
Non voglio imparare a tacere, voglio assaporare il silenzio da cui ogni parola vera nasce.
Non voglio imparare a non arrabbiarmi, voglio sentire il fuoco, circondarlo di trasparenza che illumini quello che gli altri mi stanno facendo e quello che posso fare io.
Non voglio accettare, voglio accogliere e rispondere.
Non voglio essere buona, voglio essere sveglia.
Non voglio far male, voglio dire: mi stai facendo male, smettila.
Non voglio diventare migliore, voglio sorridere al mio peggio.
Non voglio essere un’altra, voglio adottarmi tutta intera.
Non voglio pacificare tutto, voglio esplorare la realtà anche quando fa male, voglio la verità di me.
Non voglio insegnare, voglio accompagnare.
Non è che voglio così, è che non posso far altro.

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